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"I'm brave but I'm chicken shit"

Terza Half Marathon Chiavari 2017

Sabato 17 giugno ho corso la mia 21ª Mezza Maratona, a Chiavari.
E’ una notturna, si parte alle 20:17; nei giorni precedenti il regolamento indicava le 18 come orario di chiusura del ritiro pettorali (scopriremo troppo tardi che è stato prolungato fino alle 19:45) e alle 17:45 ritiriamo i nostri.
Le ore che ci separano dalla partenza se ne vanno in chiacchiere e relax su una panchina all’ombra. Caffè, pit stop in bagno, vestizione di rito, e poco dopo le 20 siamo nel gruppone che aspetta la partenza.
Il fattore che condiziona tutto è il caldo: siamo nella giornata più calda del giugno più caldo da anni a questa parte e il sole ci schiaccia contro l’asfalto.
Scopriremo (dopo, per fortuna) che alla partenza ci sono 35 gradi. 35. gradi.

Ci aspettano 21 chilometri di corsa in un forno.

Alla partenza la prendiamo calma, il sole ci acceca e dobbiamo districarci dalla folla.
Una delle delle mie preoccupazioni sono i crampi da disidratazione: ho cercato di prevenirli il più possibile bevendo molta acqua e sali minerali negli ultimi due giorni.
Il percorso è un anello di 7 chilometri da percorrere tre volte ed è una cosa che potrebbe aiutarmi psicologicamente, vedremo.
Il tracciato si snoda tra il lungomare, il centro di Chiavari e il lungofiume, ma ne parliamo dopo.
Al secondo chilometro rimango solo perché Corrado decide di rallentare per fare economie, io continuo con il mio ritmo. Fabio lo abbiamo perso alla partenza, purtroppo, e non sappiamo dove sia.
Per il primo giro le cose vanno sostanzialmente bene: non ho alcuna velleità e cerco di traccheggiare con un ritmo sostenibile fino alla fine: al terzo chilometro sono andato troppo veloce ed ho deciso di rallentare per precauzione. Al primo passaggio stacco un tempo di 40 minuti esatti, e comincio il secondo con circospezione, anche perché la fatica sta arrivando presto. Ho molto caldo.

Il percorso non mi piace: non capisco perché in un posto come Chiavari non si corra tutto sul mare: i pezzi in città non sono un granché a parte, forse, le parti nelle zone pedonali, ma lì fa molto caldo e non c’è ventilazione. Per i 7 chilometri dell’anello, meno di 2 sono sul mare e mi sembra un peccato.

Un po’ di crisi al decimo: mi fa male una chia… un gluteo che mi da noie da qualche giorno, ingoio una dose di Tachipirina e nel giro di pochi minuti il problema rientra. (La Tachipirina non risolve nulla, ma almeno non fa male e ti toglie il dolore per un po’)
Al giro di boa del km 11 faccio un minimo di bilancio: il caldo è opprimente, corro come se fossi immerso nella melassa, sto bene fisicamente ma sono già molto affaticato: il caldo è una tassa esosa che sottrae molte risorse.
Il tempo del secondo giro mi conforta: altri 40 minuti esatti. Non è un granché ma almeno sono consistente.
Comincio l’ultimo giro con poca benzina e capisco da subito che per questi ultimi 7 chilometri devo tirare fuori qualche coniglio dal cappello. Le armi a mia disposizione sono lo zen e la tigna: non è che posso dargliela vinta a ‘sto caldo demmè. Innesto il pilota automatico, cerco la massima astrazione dei miei pensieri conto ossessivamente i respiri da 1 a 8 in un mantra ipnotico che mi isola in un limbo, le gambe mi seguono perché io continuo ad andare avanti e, soprattutto, non esiste che io abbandoni. Il meccanismo psicologico che mi spinge è il tempo sotto le due ore: dato per scontato che abbandonare non è un’opzione, l’obiettivo è correre il terzo giro un minuto più rapido degli altri due: 40 +40 + 39 = 1h 59m.
E’ difficile, fa caldo, soffro molto, è buio e il percorso non mi piace. Mi sembra di correre trattenuto da un peso. Ho già detto che fa caldo?

Dopo molta sofferenza e tanto sudore raggiungo il cartello dei 20, arranco fino al 21 ripetendomi “manca poco manca poco manca poco”. Mi servono quei 39 minuti, non posso mollare ora. Da lontano carco di scorgere il tabellone col tempo: non lo vedo bene, ma forse….
Decido di non mollare proprio ora, tanto alla peggio vomito all’arrivo.
Gli ultimi 100 metri durano una vita ma finalmente vedo bene il tempo: taglio il traguardo a 1h59m04s, mi appoggio a una transenna e incredibilmente non do di stomaco. Sono fradicio, come se mi fossi buttato in mare vestito.
Ce l’ho fatta. Ce l’ho fatta non abbandonare e a finire sotto le due ore. La temperatura adesso è di 28 gradi e ho appena finito una delle mezze maratone più difficili che abbia mai corso.

Con il senno di poi, capisco che bere, assumere sali e riposare sono una stragegia che paga sempre.

E’ la mia mezza più lenta di sempre, ma solo l’averla finita è un successo e ne sono comunque soddisfatto.


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