Con un po’ di ritardo vi racconto della mia Stramilano di domenica scorsa.
Arrivo da un periodo di allenamenti inesistenti, fatti male, corsi poco e senza il minimo criterio. Ma è un periodo che va così: mi piace correre, ma sono svagato, guardo il paesaggio, mi distraggo, respiro, gioisco in modo diverso, e soprattutto correrei per chilometri e chilometri a ritmi molto lenti, cosa che non si concilia per nulla con la preparazione per una mezza maratona, ma alla fine chissene, non ho ansie. Ho anche trascurato l’alimentazione e l’idratazione, e di questo parliamo dopo.
Aspettavo questa corsa con piacere, perché l’avrei corsa con Alessio. Io e lui abbiamo un modo di correre insieme anche se siamo lontani, e nelle poche occasioni che ci è capitato di poterlo fare davvero ci siamo sempre rilassati e divertiti.
E’ una bella giornata di sole e Milano è piena di volti sorridenti e mi sembra diversa dalla città tesa, dura e nervosa che sono abituato a vedere di solito.
C’è tanta gente in giro e tanta gente che corre; un oceano alla 10km, e quasi 10.000 alla 21km a cui partecipiamo. Consegniamo rapidamente le borse e ci attardiamo in coda davanti ai bagni portatili; quando abbiamo finito mancano 5 minuti alla partenza e lo schieramento è già gremito di gente. A me toccherebbe la gabbia verde, ma è già completamente piena e comunque voglio stare con Alessio che parte dalla bianca. Ci appostiamo praticamente in fondo al serpentone e aspettiamo il cannone della partenza.
Non indosso la fascia cardio e il mio Garmin, sul quale ho dimenticato di disabilitare l’opzione, per il primo chilometro si aggancia a quella di uno sconosciuto che la sera non capirà perché gli manchino i dati sul battito cardiaco. Spiacente amico, potevi controllare meglio.
Più o meno all’altezza del km 2 incrociamo i top runner che stanno già staccando il cartellino dei 4. Vanno tanto veloce che non li invidiamo neppure, siamo solo affascinati dalla fluidità della loro falcata che sembra trasportarli senza apparente fatica, beati loro.
Siamo partiti talmente indietro che appena svoltiamo in Corso Sempione vediamo là in fondo i palloncini dei pacer delle 2 ore, ma non siamo preoccupati: il ritmo è certamente superiore al loro e siamo certi che li riprenderemo. Malgrado questo arriviamo ai primi 5 km con un ritmo medio un po’ troppo alto. La colpa non è del tutto nostra, ma piuttosto dell’affollamento.
Della Stramilano mi è piaciuto un po’ tutto: l’atmosfera, il percorso, l’organizzazione efficientissima, ma un paio di pecche le ho trovate. Innanzitutto è troppo ma troppo affollata in relazione alla larghezza della carreggiata. Per tutti i 21.095 metri della corsa non siamo mai mai mai stati soli, c’era sempre qualcuno davanti, dietro, di lato, che ti incrocia, che sei costretto a scavalcare, che ti taglia la strada. Malgrado si corra in viali molto ampi, la corsia è transennata e sempre troppo stretta rispetto al numero di concorrenti; ci sono troppe curve, troppo strette e troppi cambi di direzione. Decisamente non mi è sembrata la corsa adatta a cercare un personale, anche se questa volta di non avevo alcuna velleità. Da parte nostra c’è la colpa di essere partiti troppo in fondo: classifica alla mano, dal km 5 all’arrivo abbiamo superato circa 600 persone; e ogni volta è stato uno scarto, uno scatto, un cambio repentino di traiettoria. Tutte cose che ti tassano e presentano il conto quando la stanchezza comincia a farsi sentire.
Arriviamo al km 10 traccheggiando, abbastanza a posto e sufficientemente freschi, io faccio un timido tentativo di aumentare il ritmo, ma duriamo fino al km 15 poi io e Alessio ci guardiamo in faccia e capiamo che non abbiamo abbastanza benzina per fare gli splendidi fino all’arrivo e tiriamo un po’ i remi in barca. Lui soffre un po’ di più perché è meno avvezzo a queste distanze, anche se è più allenato di me. Io gli urlo un po’ di stronzate nelle orecchie, lo esaspero, lo faccio incazzare di proposito e la manovra sembra dare i suoi frutti: non molliamo. Lui perché lo sto esasperando, io perché non ho tempo si pensare alla mie difficoltà mentre gli rompo le balle.
In tutto questo, come un fulmine, arriva la botta: al km 16 un crampo terribile al polpaccio sinistro mi costringe a fermarmi un momento.
Ora: se c’è una cosa che non faccio mai, non ho mai fatto, e non voglio fare è fermarmi durante una corsa. Mai, never ever. Ma come l’ultima uscita prima dell’operazione al menisco, quando ho rischiato di rovinare a terra perché il ginocchio dolorante ha ceduto all’improvviso, anche stavolta succede che la gamba non ne voglia più sapere di muoversi.
Le scelte possibili, che valuto nell’arco di 10 metri, sono:
- saltellare su una gamba sola per 5 km fino all’arrivo (giuro che ci ho pensato);.
- fermarsi un secondo per provare a sciogliere il muscolo con un po’ di stretching.
(l’idea di “3. abbandonare” non mi ha sfiorato neppure per un istante e ci ho pensato solo dopo l’arrivo.)
Decido per la 2, perdo circa un 20 secondi sul km precedente, e riparto zoppicando vistosamente in preda a forti dolori.
Perché mi è successo? Ripensandoci, avevo sete già da prima della partenza e non ho curato bene l’alimentazione nei giorni precedenti. A tutto questo aggiungo un fastidio al polpaccio che mi porto dietro da un mesetto; risultato: cacca. Sono malnutrito, disidratato, acciaccato. E ne pago le spese. In tutto questo cerco di scacciare Alessio, che però non ne vuol sapere e rimane con me, e trascorriamo i successivi 4 km a soffrire ognuno le sue pene e a insultarci come due deficienti per darci la carica.
Al km 20, a furia di ignorarlo, il dolore si stufa e per un po’ se ne va e Alessio improvvisamente decide di accelerare. Io gli dico “è troppo presto!”, ma a lui non importa e io gli vado dietro. Correremo l’ultimo km a un ritmo 20 secondi più veloce del precedente, il che è parecchio per due alla frutta come noi. Dopo un milione e mezzo di curve e strettoie e inversioni a U, ci infiliamo nel castello e finalmente tagliamo il traguardo in 1h49m.
Poteva andare peggio.
Manchiamo completamente il ristoro e ci mettiamo mezz’ora di orologio per riuscire a raggiungere il deposito borse. Questa è l’altra cosa che non mi è piaciuta: per mettere l’arrivo in un posto suggestivo costringi migliaia di persone esauste a fare una coda devastante per uscire e ritirare le proprie borse. Tu, che l’hai deciso: ti auguro un ingorgo di 12 ore a ferragosto sulla Salerno-Reggio Calabria, col cuore.
Adesso che la tensione è svanita, il polpaccio mi presenta il conto: il dolore lancinante mi fa zoppicare vistosamente e fare le scale è un calvario, e a distanza di una settimana ho ancora male.
Comunque io sono soddisfatto, Alessio è contento ed entrambi siamo felici per aver corso un’altra volta davvero insieme. Come sempre il senso è tutto qui: non c’è gara, non c’è competizione, c’è solo la voglia di mettersi un po’ alla prova, di divertirsi e di non mollare davanti alle avversità. Alla prossima, Alessio.
Commenti
Una risposta a “Stramilano 2015”
Ciao Andrea,
Sono quasi sei mesi che sono fermo. Mi sono strappato il polpaccio a Ottobre. Non mi era mai successo. Non mi era mai successo praticamente niente correndo. Dolorucci tanti ma nessun infortunio. Tanto che mi sono sempre ritenuto indistruttibile. Poi ad Ottobre, durante un periodo di allenamento magnifico (giravo intorno ai 100km a settimana che per me che corro da pochi anni è un numero importante), mi sono strappato. Cercato in rete ho visto che la cosa poteva essere seria ma ho pensato che le cose serie riguardassero gli altri… mi sono dato una settimana di tempo e sono ripartito. Ho avuto altri strappi di più lieve entità. Medico, arresto totale per più di due mesi e poi finalmente riprendo. Nel giro di due o tre uscite forse per compensazione mi è venuta una tendinite tibiale posteriore. E sono ancora fermo e incupito.
Racconto ‘sta storia senza volerti dare alcun consiglio: non sono un medico e non ho ancora capito perche` cacchio mi è successo tutto questo. Ma quando ho letto del crampo mi hai risvegliato i ricordi e non ho potuto esimermi.
Oh, perlomeno, non fare come me: non prendere sottogamba 🙂 i segnali del tuo corpo…