Viste le considerazioni del post precedente, inauguro la categoria dei resoconti delle partecipazioni ad alcune manifestazioni podistiche. Questo è il racconto della mia prima esperienza di gara: la Mezza Maratona Delle Due Perle, dell’11 marzo 2012.
Per chi corre, soprattutto per chi lo fa al mio (basso) livello, le competizioni non sono particolarmente importanti dal punto di vista agonistico. Si tratta soprattutto di partecipare ad una manifestazione organizzata, incontrare persone che condividono la stessa passione, vedere le strade da un nuovo punto di vista e sfidare sé stessi. Una giornata divertente trascorsa a fare una cosa che mi piace.
La “Due Perle” è stata particolarmente suggestiva, per me: è stata la mia prima esperienza di gara e si snoda su una delle strade più belle del mondo: il tratto di provinciale che collega Santa Margherita Ligure a Portofino, da percorrere due volte, andata e ritorno, per un totale di 21 chilometri e 97 metri. Ecco come è andata:
Arrivo a Santa margherita molto presto, accompagnato da Stefano; tanto presto che siamo i primi. Per dire: mi sono alzato alle 5:30 dopo una notte insonne. Circa alle 7 siamo là con l’auto già parcheggiata. Il ritrovo è nel palazzetto dello sport, dove c’è anche il deposito borse. Lentamente si riempie; fauna prevalente: 40/50enne dall’aspetto agguerrito, tutti molto tecnici. Olio canforato a fiumi. Gli iscritti sono 2500, in classifica di arrivo ne sono elencati circa 1800; in ogni caso un mucchio di gente.
Ci cambiamo con calma, cerchiamo di rilassarci, e poco prima delle 9 raggiungiamo la partenza, circa 500 metri più in là. Come al solito mi scaldo pochissimo: non ne sento mai il bisogno e in ogni caso non serve perché i primi 100 metri cammini e il primo chilometro trotterelli sgomitando.
Chi corre è abituato a misurare la velocità in minuti al km; per esempio, 6’/km equivalgono a una velocità di 10km/h. Da calcoli fatti e rifatti, so che se voglio arrivare entro 1h50m devo mantenere un ritmo medio di 5:13/km. Imposto il Garmin per quella andatura, in modo che se non trovassi una “lepre”, potrei correre contro il virtual partner, una funzione del trabiccolo che porto al polso quando corro.
Cerco di fare come mi hanno detto tutti quelli che hanno un po’ di esperienza: partire piano. Ma non è per nulla semplice: l’adrenalina della corsa e le forze in abbondanza mi portano a controllare il Garmin in continuazione per non scendere a 4’50″/km (!). Inoltre ho la coscienza di correre sotto la media che mi sono imposto, e mi sorpassano TUTTI. Nei primi 10 km mi sembra di essere sorpassato da chiunque. Recupero un po’ nelle salite, perché non faccio fatica a mantenere il ritmo lento anche salendo, mentre alcuni rallentano visibilmente.
Il panorama è bello, è uno dei posti più belli del mondo, ma lo conosco bene e non mi distrae più di tanto. La cornice è splendida, comunque.
Facendomi violenza riesco a mantenere una parvenza di ritmo non forzato, anche se sempre più veloce di quello che mi ero preposto. Il percorso prevede Santa Margherita – Portofino e ritorno, due volte. Prima di entrare a Portofino, un tratto in salita abbastanza insidioso. Una volta entrati nel borgo, si scende fino al mare per poi risalire, il tutto in caruggetti di acciottolato molto stretti: al massimo ci stanno due persone affiancate dandosi fastidio. All’uscita di Portofino c’è una salita assassina che sarà 50 metri, ma mi spacca le gambe, anche perché ho in mano il bicchiere d’acqua del ristoro. Al secondo passaggio l’ho fatta lentissima e alcuni camminavano.
Al ritorno dal primo passaggio, un “rebigo” del percorso mi porta in centro, dove tutti corriamo tra due ali di folla che ci incita. Bello.
Passati i primi 10 km mi decido ad aumentare il ritmo per vedere cosa posso tirare fuori da questa corsa. Per un 2,5 km procedo a ritmo più sostenuto cercando una “lepre”: qualcuno che abbia un’andatura compatibile con i miei obiettivi, meglio se leggermente più veloce, per farmi “tirare”. Finalmente trovo un signore che corre lieve e agile, evidentemente sotto le sue possibilità: sta facendo da trainer per una ragazza che avrà una ventina d’anni. Il ritmo è sui 5:05/km e decido di aggregarmi. Col senno di poi non so se è stata una scelta giusta, ma chissà.
Da quello che si dicono (lui parla, lei risparmia le energie) capisco che anche per lei è la prima mezza. Il tipo fa il ritmo, le da consigli sul respiro, le spiega le variazioni di velocità in funzione della pendenza: sembra uno che sa il fatto suo. In effetti da questo punto in poi, manteniamo questo ritmo, rallentando solo un po’ nelle salite, e mi rincuora il fatto che il mio risparmio nella prima parte stia servendo a qualcosa. Adesso non mi sorpassa più nessuno, ma sono io (insieme ai due) che continuo a sorpassare quelle che mi sembrano un milione di persone.
Mi attacco ai due come una cozza, il tipo le dice “Segui me”, “Ora acceleriamo leggermente”, “Respira bene”, “Non mi superare”, insomma manca poco che la porti in braccio e poi ha fatto tutto. Io comincio ad accusare un po’ la fatica, ma col caXXo che li mollo, questi. Io sono scarso a correre da solo, ma a tallonare una lepre sono bravissimo: non mollo un metro.
Ogni tanto controllo il Garmin, che mi dice cose ottimistiche: secondo lui sono 250 metri davanti al mio “io” virtuale che corre a 5:13/km. Questa cosa mi ha fuorviato perché ho scoperto dopo che non era completamente vera, e mi ha fatto un po’ “accontentare”. Nota personale: la prossima volta meno calcoli e settaggi: è meglio non avere certezze mentre corro.
Fatto sta che il tipo ci fa anche un po’ accelerare gli ultimi tre chilometri. Al diciannovesimo tento una specie di fuga, ma dopo circa un chilometro mi riprendono. Non so se hanno aumentato loro o se ho diminuito io, visto che correvo senza lepre. Intanto continuo a sorpassare gente come se fossi Bolt alla corsa parrocchiale: dovevo essere rimasto davvero indietro.
Certi a 3 chilometri dalla fine stanno camminando. La gente ai lati della strada ci incita: “Dai!”, “Forza!”, “Manca poco, coraggio!”. Ormai sono molto stanco: il percorso è stato un falsopiano continuo, pieno di curve, pieno di gente che va più forte o più piano, pieno di cose che mi hanno dato fastidio. Io, che sono abituato a correre da solo in pista o in tratti spaziosi senza grossi impedimenti, questa cosa l’ho patita un po’.
Ma manca un chilometro. “Chiunque può correre per un chilometro” è il mio mantra. Cerco di spremermi, e poi si intravede il traguardo, ormai è fatta. In tutto questo il tipo ha continuato a motivare psicologicamente la ragazza: “dai, non pensare alle gambe, manca pochissimo, sei ampiamente sotto il tempo che ti eri prefissata, vai benissimo, non parlare, respira”. Tutto il tempo così.
Che qualcosa non sia andato per il verso giusto con il ritmo medio che credo di tenere, lo capisco circa 500 metri prima del traguardo quando il Forerunner trilla tutto felice per dirmi che, secondo lui, i miei 21097 metri li ho appena finiti. Ignoro la tecnologia e ci do dentro per mantenere il ritmo. Infiliamo il viale dell’arrivo e gli ultimi 30 metri ho ancora il fiato per scattare e sorpassare altri 4.
Arrivo.
Finito.
Fiatone, cuore che scoppia.
Scoprirò poi che il tempo effettivamente ottenuto è 1h:49m:31s, mentre il Garmin mi dice giulivo 1:48 e spiccioli. Col senno di poi, se avessi trovato una lepre più veloce forse ce l’avrei fatta a fare l’ultima decina di km a 5’/km, ma chissà. Ci sono state volte in allenamento che, seguendo uno tignoso, sono arrivato con molto meno fiato.
Dopo pochi metri dal traguardo, mi assalgono in tre: uno mi strappa il chip per il rilevamento dei tempi dal pettorale, una mi mette al collo una medaglia di latta e uno mi mette in mano 10 euro. Io lo guardo come un idiota e chiedo: “Ho vinto 10 euro?” (giuro, true story). Questo mi guarda come una cacca sul cuscino e bofonchia qualcosa sulla cauzione per il chip.
Arraffo un tè, tre mandarini e un pezzo di focaccia al punto di ristoro e cerco, sudato come un mulo a ferragosto, di tornare al palazzetto. Una volta lì, mi cambio con calma e intanto rientra anche Stefano, che ha chiuso meglio di me a 1h42m. Il resto è autostrada e pastasciutta, una volta a casa.
Bilancio: ho comunque centrato l’obiettivo che mi ero prefissato, mi sono divertito, ho corso. Sicuramente ne è valsa la pena, alla prossima.
Commenti
5 risposte a “Mezza Maratona Delle Due Perle – resoconto”
complimenti!
Ottimo racconto, mi pareva di esserci. Speriamo di vivere una esperienza simile alla mia prima mezza…
Una buona “prima”! Complimenti. Confermo che il Garmin raramente azzecca esatta la distanza; non farci troppo affidamento in quel senso. Va bene invece per non farsi prendere dall’ entusiasmo sul ritmo nei primi chilometri. Poi secondo me conta l’ allenamento nel sapersi ascoltare e nell’ imparare a leggere i propri movimenti.
Alla prossima.
complimenti,non e’ facile correre una mezza.mi ricorda la mia storia di due anni fa.ricordi felici di una condizione fisica che non riesco a trovare piu’.il difficile e’ continuare cosi’.credo che il segreto per continuare e’ guardare meno i tempi e cercare di godersi la corsa,come viene
Ciao SOMMO NERD mi mancavi e ti volevo dire pubblicamente che da bionda, frequentare virtualmente un nerd agisce un po’ per osmosi: sono riuscita a fare una newsletter su mailchimp da sola con le mie manine! Non è incredibile?
Grazie, bacini