Andrea Beggi

"I'm brave but I'm chicken shit"

La vera storia dell’ RFID

Non è carta igienica!Hanno craccato le etichette RFID. Ancora prima di raggiungere l’utilizzo di massa, questo metodo di marcatura degli oggetti è stato scardinato da un programmillo che gira su PDA o Notebook. Già questa tecnologia ha delle implicazioni non banali per la privacy, adesso non è più neppure al sicuro dai malintenzionati. Appena ho letto l’articolo di Punto Informatico, ho avuto una epifania: un tizio mediamente competente si reca in un punto vendita, cracca la smart tag di un oggetto, ci scrive un prezzo pari alla metà, lo porta alla cassa e se lo porta a casa….
Non ho alcuna prova, ma secondo me tutta la faccenda degli RFID è andata pressappoco così:

C’era una volta il chip RFID, che veniva usato nelle fabbriche e nei reparti logistici ad alta automazione per la gestione e la marcatura delle parti e dei pezzi destinati a comporre il prodotto finito. Un giorno, uno qualunque dei geni di un reparto marketing se ne accorse e pensò: “…azz, ne appiccico uno a tutti gli oggetti, ci scrivo quello che voglio e posso velocizzare il processo di pagamento alle casse! Intanto raccolgo preziosi dati di marketing per incrociare le preferenze di acquisto. Così posso spennare ancora meglio i consumatori! Ci faccio i milioni!”
Passava di lì un tecnico, che, interpellato, cominciò ad avvertire il marchettaro: “Guarda che non è adatto per un uso del genere, ci sono implicazioni di sicurezza, la flash memory è rewritable e il chip accetta connessioni in ingresso da qualun…”, ma venne bruscamente interrotto: “Si, si, va bene, poi ne parliamo, eh? Torna pure a giocare con il tuo computer, che qui si fa la storia del marketing!”. E fu così che le riviste cominciarono ad annunciare una rivoluzione prossima ventura, ignorando le Cassandre che avvertivano delle implicazioni di privacy. Poi è arrivato un signore tedesco che ha scritto un programmino, e lo ha rilasciato sotto licenza GPL…

Tutto questo sarebbe mooolto divertente, se non fosse tragico.


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Commenti

2 risposte a “La vera storia dell’ RFID”

  1. Avatar Enrico

    Sono capitato qui per caso, ma rompo i coglioni lo stesso 😛

    I prezzi penso siano memorizzati in un DB centrale, mentre nelle tag (RFID… ID appunto), è memorizzato solo un codice di identificazione, la cui referenza poi si trova nel DB, e da qui si risale al prezzo. La query al DB può durare meno di un millisecondo, quindi penso che questo sia il reale funzionamento dei sistemi di pagamento con RFID.

    Piuttosto un o potrebbe inserire il codice ID di un prodotto banale (per esempio una custodia per CD), in un altro (per esempio un TV.plasma da 42″). Alla cassa paghi 1€ ed esci con il TV.. in teoria. Penso però che le tag usate in questo caso siano scrivibili una volta soltanto, usa e getta..

    ciao.
    Se invece mi sai dire come si monta una radio sulla Smart, collegandola sotto chiave, ti ringrazio.

  2. Avatar andrea gori

    se ancora non èsu tutti gli scaffali questa rfid un motivo ci dev’essere e non è SOLO il fatto che i chip rfid costano più di un codice a barre…