Riprendo il titolo di un post di Marco, che pone una interessante questione sulla fiducia che ciascuno di noi ripone nei nuovi servizi “a la 2.0”.
Personalmente cerco di avere comunque una copia in locale di tutto quello che affido agli archivi online: le mie foto (delle quali solo una parte approda su Flickr) sono duplicate in un paio di posti e periodicamente finiscono su DVD. Idem per i documenti importanti.
Diverso il discorso per tutti quei servizi “sociali” che non sono fatti di dati propriamente detti, ma di relazioni e collegamenti; penso a LinkedIn e Neurona, ad esempio. Nel momento in cui questi servizi morissero, trascinerebbero comunque con loro tutto il loro valore, che è molto di più di una lista di contatti.
I dati hanno bisogno di cure, ne avevo parlato circa un anno fa in questo post; con l’avvento dell’era digitale, i nostri ricordi non possono più essere lasciati in un cassetto a prendere polvere, ma vanno coccolati di tanto in tanto.
Commenti
7 risposte a “Web 2.0, read/write o dead/write?”
Qualsiasi sia il tipo di dato, dalle foto ai links, posseggo sempre una copia di backup. I vari servizi web 2.0 per come la vedo io non devono essere intesi come un posto affidabile dove archiviare i propri dati, ma solo un modo per condividerli con il resto degli utenti.
Anche per le email ad esempio, sebbene usi spesso il sistema webmail di gmail, ne conservo sempre una copia che scarico via pop3.
Andrea hai centrato perfettamente il nocciolo della questione: delle cose che è possibile averne una copia in locale credo che tutti ce l’abbiano.
Il problema sta in quelle applicazioni fatte di relazioni che sono “dati” importatissimi di cui non è possibile farne un backup sul proprio computer.
Credo che avrebbero un successo non indifferente applicazioni che ti permettano di fare ciò in modo semplice ed efficace.
Effettivamente il problema della volatilità dei dati in rete è una spada di damocle appesa sopra la testa di ciscun utente, anche di quelli più metodici. E’ ben evidente quando capita che uno dei link di cui si fa uso sia offline, anche se è solo per uno stop breve di ordinaria manutenzione, il senso di impotenza che assale è forte. D’altronde è anche vero che la replicabilità di certi tipi di dati in rete è ben lungi dall’essere una procedura semplice da attuare.
E’ per questo che cerco di avere sempre copie di backup e solitamente sfrutto il web solo per dati a bassa importanza.
Quoto CyberGigi riguardo il salvataggio di dati in rete. Le informazioni relazionali, invece, sono qualcosa di scarsa considerazione e studio da questo punto di vista. Senza andare neanche tanto lontano (servizi Web 2.0 per relazioni sociali), immagino che siano pochi gli utenti che salvano i loro indirizzi e-mail che, ad esempio, GMail salva automaticamente.
Personalmente, come già detto tante volte anche altrove, preferisco rimanere cauto con l’utilizzo di certi servizi e privilegio l’utilizzo di software in locale per il salvataggio dei dati (GMail utilizzata solo via Pop3), cosa che ovviamente, mi facilita il backup.
Ciao,
P|xeL
si in effetti non si dovrebbe confondere il concetto di archiviazione con quello di condivisione 😉
“It is only slightly facetious, to say that digital information lasts forever – or five years, whichever comes first.”
(Jeff Rothenberg, RAND Corp, “Scientific American”)